“Mare al mattino” è il titolo del nuovo romanzo di Margaret Mazzantini. Ed è proprio il mare uno degli elementi principali di un racconto che, come per il precedente successo “Venuto al mondo”, prende le mossa dagli eventi della Grande Storia.
Dopo aver raccontato la guerra dell’ex Jugoslovia, attraverso le vicende personali dei suoi protagonisti, la Mazzantini ci riprova. E per la sua storia sceglie un contesto storico altrettanto complesso.
La storia è ambientata nel periodo in cui gli italiani venivano spinti in Africa dal Fascismo alla cacciata dei Tripolini nel 1970, fino alle migrazioni imposte da una guerra che si è rivelata, come tutte le guerre d’altronde, feroce per chi l’ha vissuta sulla propria pelle.
Come Jamila, la madre che spera di vedere suo figlio morire. Non accetta di andarsene prima perché sa che il figlio morirebbe da solo. E c’è Angelina, che si è vista strappare una vita araba che prometteva l’amore.
Due figli, due madri. Due madri, due mondi: le due sponde di un unico mare.
In uno stile narrativo, ormai inconfondibile, Margaret Mazzantini torna con un romanzo intenso e carnale, in grado di trasformare il dolore in letteratura.
“Dio nel deserto è l’acqua e l’ombra.
C’è una bottiglia di plastica vuota accanto a una mano scarnata. L’ultimo gesto prima della morte.
Dov’è Dio in quel deserto?
Jamila ha sete. Sete. Cerca nella borsa, rovescia l’acqua in testa al figlio, gli strappa il velo dalla bocca. Lo disseta, lo stringe. Bevi Farid, bevi.
Sono rimasti loro due nel mondo.
La casa è un uovo di creta abbandonato alle spalle.”