E così eccomi qui a sfogliare quello che, vorrei ricordare, è un testo sacro. Più sfoglio e più mi pare assurdo che venga rifuggito. «Il Kamasutra può essere considerato una guida tecnica al godimento sessuale» scrive Wikipedia. In realtà, è molto di più: soltanto una delle sette parti in cui è suddiviso il testo tratta dell’unione sessuale. Il resto traccia delle linee guida per una vita all’insegna di Dharma, Artha e Kama. Dharma rappresenta la sfera dell’etico (moralità), Artha la sfera dell’utile (concretezza) e Kama la sfera dei sensi (piacere, desiderio, amore).
Nonostante la data di pubblicazione (300 d.C.), il Kamasutra è un testo attuale. Oltre a fornire consigli su tematiche che fanno perdere il sonno fin dalla notte dei tempi (si veda il capitolo “Come si fa a trovar moglie”), si rivela un alleato prezioso per vivere consapevolmente la propria sessualità.
«Proprio come un cavallo al galoppo, accecato dalla velocità, non presta attenzione alle buche distribuite sul suo percorso, così due amanti, accecati dalla passione, non prestano attenzione ai pericoli». Il Kamasutra si premura di indicare questi pericoli ed insegna come evitarli. Inoltre l’autore, Vatsyayana, dice: «I rapporti sessuali esigono il ricorso a mezzi adeguati. Il mancato ricorso a mezzi adeguati, constatabile nel mondo dei bruti, è frutto della loro sfrenatezza e del fatto che il loro congiungimento non è preceduto dal pensiero».
Nell’introduzione all’edizione italiana del 1977 si legge: «Nella concezione indù il sesso non è soltanto normale e necessario ma anche sacro. È l’unione di Parusha (materia) con Prakriti (energia)».
Il Kamasutra dunque non inneggia all’amore libero ma ci fa conoscere il sesso in quanto parte integrante delle nostre vite. Quasi un dovere oltre che un piacere, una vera e propria entità da vivere in serenità, consapevolezza, responsabilità e rispetto. Senza vergogna. In barba a tabù ed acide bibliotecarie.