L’emancipazione femminile ha condotto le donne ad assumere ruoli sempre più influenti nella sfera professionale. La donna si è gradualmente liberata delle vesti di mamma, moglie, casalinga, per dedicarsi a faccende extradomestiche, un passo in avanti decisivo nella storia dell’evoluzione umana. Così quelli che cinquant’anni fà avremmo definito “personaggi da film”, si ripropongono oggi nella vita reale. Tuttavia le mamme manager non sono un’ invenzione pubblicitaria affermatasi con leggerezza ed il peso di questa scelta si fa sentire oggi più che mai. La categoria può ambire a godere degli stessi privilegi degli uomini, ma è al contempo obbligata ad ottemperare i medesimi oneri, secondo il noto principio delle pari opportunità.
La tendenza ad ottenere una propria indipendenza economica è inarrestabile, e va di pari passo con l’esigenza di conciliare professionalità, femminilità e maternità. Sebbene i dati divulgati dall’ Eurostat negli ultimi anni, abbiano segnalato la presenza di disparità di genere accresciute dalla crisi economica, soprattutto per ciò che concerne le retribuzioni, e l’Italia continui a non essere un paese per donne dal punto di vista occupazionale, il Nord Europa offre spunti molto interessanti. Si tratta d’interventi governativi volti a proteggere la condizione di genere, intessendo reti assistenziali e di welfare sempre più efficienti. La garanzia di poter tornare al proprio posto di lavoro dopo il parto rientra ad esempio tra queste guarentigie.
Nel Bel Paese sfortunatamente, il gentil sesso non è altrettanto tutelato e molte ex lavoratrici sono andate ad accrescere le file dei disoccupati, o nel migliore dei casi, dei lavoratori a nero. Gli alti tassi di disoccupazione femminile si registrano principalmente nell’area dirigenziale. Le donne al comando in italia rappresentano solo il 28% della popolazione totale, contro il 33% dell’Unione Europea. I Paesi meno evoluti in questo senso sono il Lussemburgo, Cipro e l’ Olanda. Dati rincuoranti arrivano invece dai settori in cui è più facile chiedere un part time, inquadramento ambìto in particolar modo dalle neomamme. Dalle statistiche risulta infatti molto più probabile che sia una mamma o più genericamente una donna, a ricoprire il ruolo di segretaria amministrativa part-time in uno studio professionale, che non un uomo.
Sfortunatamente la crescita nel settore privato è direttamente proporzionale al peggioramento della qualità del posto di lavoro. Da qualche anno a questa parte i lavoratori specializzati appaiono soggiogati dal boom dell’offerta di lavoro a basso costo, e lo stesso part-time, talvolta si pone come condizione obbligata, molto lontana da una scelta volontaria. Collaboratrici domestiche, addette ai call center, commesse e cameriere, sono spesso disposte ad accettare qualsiasi compromesso pur di mantenere il posto di lavoro.
A quanto pare, solo un intervento mirato da parte delle diverse agenzie governative, potrebbe veramente risollevare le sorti lavorative della realtà femminile. Tuttavia non dovrebbe mancar molto all’adozione di misure ufficiali che garantiscano reali opportunità di crescita e trattamenti economici paritari alle donne, prescindendo dallo status sociale e dall’onerosa condizione di “madre”. Con i dovuti provvedimenti ed incentivi, che non si limitino alle mere quote rosa, anche i datori di lavoro sarebbero più propensi ad assumere personale femminile, evitando domande sui generis in sede di colloquio: “ha intenzione di sposarsi e/o di avere figli?”
Nell’attesa che vengano avanzate delle riforme in tal senso però, la maggioranza si adatta nei limiti del possibile, ad una società avvezza alla mancanza di meritocrazia ed alle prevaricazioni sociali. In molti sono convinti che in un contesto simile, un biglietto da visita tutto al femminile si renda quasi necessario. Una soluzione un po’ classista, che incentiva a dare risalto alle proprie competenze, quasi a doverle mostrare agli increduli, ma quanto mai pragmatica.
L’opportunità di farsi conoscere personalizzando il proprio biglietto da visita, è un fenomeno piuttosto recente, consentito dall’ introduzione della grafica e la stampa digitale. Colori, sagoma ed aspetto sono scelti in base alle attitudini ed alla personalità del soggetto, mentre i contenuti devono essere attinenti alla professione/incarico svolto. Qualora si voglia ampliare il proprio business a basso costo, è dimostrato che il biglietto da visita sia uno strumento funzionale ed efficace.
Una donna in carriera, oltre a preoccuparsi del proprio aspetto, dovrebbe quindi assicurarsi di rendere note le proprie competenze, evidenziando dati ed informazioni su di un biglietto da visita con grafica ad hoc, meglio ancora se imperniata del carisma indispensabile a ricoprire quella data posizione.
Giusto o sbagliato che sia, non saremo noi a stabilirlo in questa sede. Ci limiteremo piuttosto a riconoscere l’utilità di uno strumento adeguato, finalizzato alla promozione della presenza femminile nel mondo del lavoro. I biglietti da visita Stampepress ad esempio, rappresentano un ottimo compromesso tra professionalità e tendenze del momento.
Ma come dovrebbe essere il biglietto dal visita ideale per una donna?
Presumibilmente, ragionando per luoghi comuni, essendo le donne in alcune circostanze, meno pragmatiche e più attente all’ estetica, la women business card dovrebbe avere un layout ed un template originali, accattivanti, in grado di rispecchiare canoni estetici universali. Riprendere le peculiarità del settore, e scegliere le icone giuste, potrebbe infatti non essere sufficiente a valorizzare le competenze. Occorre un tocco d’innovazione, quel brio in più in grado di catturare l’attenzione degli sguardi più disattenti.
Il template.La scelta della sagoma è senz’altro funzionale allo scopo. Una dentista potrebbe optare ad esempio per un biglietto a forma di bocca, una musicista per una sagoma che richiami il profilo di uno strumento musicale, una centralinista potrebbe scegliere una forma che ricordi la cornetta del telefono, e così via dicendo.
Colori e contenuti
Anche i colori diventano fondamentali quando si parla di biglietto da visita. Ovviamente non sarà un arcobaleno di colori o l’intera autobiografia del soggetto a catturare l’attenzione del lettore. Stordire non è affatto una buona strategia di marketing, a meno che non si voglia ingannare l’interlocutore. Nell’era del digitale un design poco accattivante, privo di sex appeal e per di più sovraccarico d’informazioni, rischia di arrecare più danni che benefici. E’ essenziale scegliere piuttosto tonalità sobrie e contenuti fruibili. Un layout fine, che riprenda i colori aziendali, ed un messaggio breve ed incisivo, arriveranno dritti al bersaglio.
Se desiderate evitare di cadere in clichè di bassa lega, allora evitate il rosa, il fuxia, ed i colori pastello, troppo tenui per esprimere la grinta necessaria nell’inclemente e spietato mondo del lavoro. Vi sono due scuole di pensiero che hanno espresso il proprio parere ben definito in merito: i sostenitori dei colori caldi ( rosso, arancione, giallo, fuxia, rosa, viola acceso, prugna, ) affermano che essi trasmettano buon umore nonchè senso di sicurezza ed affidabilità, per cui siano preferibili ai freddi (blu, verde, azzurro, ottanio, viola scuro, cobalto, grigio, blu elettrico).
Componendo personalmente la propria business card, ci si renderà presto conto che una grafica sgradevole, in un mondo in cui a volte l’ apparenza conta più della sostanza, può essere quantomai penalizzante per un’ attività di business. In questi termini, l’essere donna può rappresentare un valido vantaggio, in quanto inestetismi e femminilità, checchè se ne dica, difficilmente vanno a braccetto. E se una donna può essere in grado rendere attraente anche un misero foglio di carta, non è difficile immaginare cosa si possa realizzare offrendole giusto spazio ed eque garanzie.